Siamo tornati con una data horror story #34
Segnali da → sobrietà immobiliare, body horror, weaponizzazione dell’informazione, dati mancanti + un appuntamento e una segnalazione
Ciao, bentornati su Segnali Dal Futuro, la newsletter partecipativa che cerca di leggere i segnali presenti e passati, interpretarli e condividerli con una comunità di esploratrici ed esploratori per comprendere cosa ci riserva il domani.
Nonostante negli ultimi tempi siamo stati un po’ pigri, siete in tante e tanti ad aggiungervi ogni mese.
Per ringraziarvi e farci perdonare, abbiamo preparato un numero diverso dal solito, con qualche approfondimento in più (applausi a chi ha contribuito, per lo sforzo extra!)
Chi arriva fino in fondo alla newsletter scoprirà che abbiamo una bella occasione all’orizzonte per rivederci: a fine Novembre torna infatti il Festival Future 4 Cities. Non vediamo l’ora!
Al prossimo numero!
Come sempre, puoi partecipare in maniera attiva alla newsletter segnalando gli articoli che vi colpiscono di più all’indirizzo segnali.mail@gmail.com.
Sobrietà Immobiliare:
→ a cura di Francesco Pirri
La crisi del quartiere d’uffici
Più di 5 milioni di metri quadrati di uffici sono vuoti nella regione di Parigi. Se il lutto delle città, annunciato durante la pandemia, non ha avuto luogo, lo stesso non si può dire dell’immobiliare terziario. Sotto i colpi di un mondo del lavoro che cambia grazie allo smart working, e in seguito a decenni di grandi investimenti in un patrimonio altamente finanziarizzato, molte città europee ed americane si trovano oggi nella stessa situazione, con quartieri d’uffici monofunzionali, lontani dai nuclei vitali della città, meno attrattivi per gli impiegati e quindi, di conseguenza, più vuoti. Un patrimonio che rischia di svalutarsi, con ripercussioni sui mercati finanziari, ma che può essere ottimizzato e rimesso a disposizione di nuove funzioni. Una coalizione di aziende private e attori pubblici ha presentato a Parigi l’Intensi’Score, un indicatore che permette di valutare l’intensità d’utilizzo di un edificio e di identificare le soluzioni per aumentarla: ospitare riunioni di associazioni di quartiere, mettere a disposizione la mensa aziendale per farne un ristorante le sere e il weekend, utilizzare le scuole al di fuori degli orari scolastici come parchi urbani.
Per una sobriétà immobiliare
La crisi dell’immobiliare da ufficio si incrocia pericolosamente con l’aumento dei tassi di interesse, dei costi dei materiali e la transizione ecologica. In Francia, dal 2021 un obiettivo di zero artificializzazione netta all’orizzonte 2050 è inserito nella legge, e l’Unione Europea si sta muovendo nella stessa direzione. Tutti questi elementi portano inevitabilmente a una riflessione ben più ampia sul riutilizzo del patrimonio immobiliare esistente, a favore di un rallentamento dell’urbanizzazione sui terreni naturali o ad uso agricolo, ma soprattutto per garantire il diritto alla casa e lo sviluppo economico dei territori. L’agenzia della transizione ecologica francese, l’ADEME, ha lanciato recentemente un concorso per premiare e identificare i progetti virtuosi già in corso di realizzazione con i “Trofei della Sobrietà Immobiliare”, ma dei freni strutturali rimangono alla generalizzazione di pratiche immobiliari sobrie: dai sistemi fiscali agli incentivi alla costruzione, alla tanto politica questione se sia possibile oggettivamente definire il bisogno residenziale e se sia più opportuno costruire nuovi appartamenti o meglio gestire gli esistenti.
Fonti: Jll, The Atlantic, Harvard, Dixit, Coface, Energy Cities, Futuribles, Linkedin, Le Monde
Se il body horror diventa una questione di genere
→ a cura di Valentina Lunardi
Un “problema” trilionario
Secondo stime il mercato globale della bellezza raggiungerà entro il 2027 il valore di 8,5 trilioni di dollari. Un business fiorente che si occupa, tra le altre cose, di rispondere a una domanda “cruciale”: come possono fare le donne a non essere brutte, grasse o invecchiate? La cifra impressionante non dovrebbe però stupire nell’epoca delle routine skincare con 37 passaggi, dello sdoganamento, nonostante i rischi, del brazilian butt lift e della crescita di interesse per prodotti anti-age da parte delle bambine, una questione che aveva gettato ombre quest’anno su brand come Ulta e Sephora.
Profondo femmina
Il body horror è un genere cinematografico che espone paure, pensieri e desideri più profondi attraverso la violazione o la modifica del corpo. Non sembra casuale che una delle sue madri putative sia Mary Shelley con il suo “Frankenstein” e nemmeno che oggi incontri la strada di storie di donne. Da una parte “The First Omen, Apartment 7A e Alien: Romulus” mettono in scena ritratti terrificanti di gravidanza in cui è possibile leggere una connessione con politiche volte a diminuire l’autonomia fisica delle donne. Dall’altra, le uscite di “The Substance”, in cui una star TV interpretata da Demi Moore assume una droga per creare una versione più giovane di se stessa, e “Nightbitch”, dove una madre lascia la carriera e si trasforma in un cane, sollevano dubbi sul colpevolizzare le donne per conformarsi agli standard del patriarcato.
Forever young
Se il 2023 è stato l’anno dell’Ozempic e il ritorno della magrezza come status symbol, il 2024 potrebbe essere quello dello “sgonfiamento”: c’è chi osserva che star come Christina Aguilera, Lana Del Rey e Lindsay Lohan stiano aprendo la strada a “un tipo di chirurgia estetica invisibile e inquietante". D’altronde il baby botox nasce non per migliorare l’aspetto delle rughe d’espressione, ma per prevenire per sempre la comparsa di ogni segno di invecchiamento.
Fonti: Global Wellness Institute, Vogue, The Guardian, CNN, BBC, i-D, Rivista Studio, The Atlantic
Weaponizzazione dell’informazione, o i social media come territori di guerra
→ a cura di Giulio Zucchini
Nel mondo cyber, la “weaponizzazione” è il processo che permette di trasformare una vulnerabilità digitale in arma operazionale. Ma dallo scoppio del conflitto in Ucraina si parla sempre di più weaponizzazione dell’informazione digitale. In altre parole, di come la disinformazione sia diventata una tecnica militare con tecniche e metodologie ben precise, utilizzate all'interno di una tattica offensiva. Ma come si fa a “weaponizzare" una campagna d’informazione? Ecco 4 esempi recenti.
Come spiegato dall’agenzia di stampa AP, l'invasione dell'Ucraina da parte della Russia è il conflitto più letale in Europa dalla Seconda Guerra Mondiale e il primo a vedere algoritmi e video TikTok schierati accanto ad aerei da combattimento e carri armati. La lotta online si è svolta sugli schermi dei computer e degli smartphone di tutto il mondo, mentre la Russia usava la disinformazione, la propaganda e le teorie cospirazioniste per giustificare la sua invasione, mettere a tacere l'opposizione interna e seminare discordia tra i suoi avversari.
Secondo il rapporto "Would I Lie to You? The Weaponisation of Social Media" pubblicato da UNDP in dicembre 2022, i gruppi estremisti, alla ricerca di comunicazioni e connessioni transnazionali anonime, hanno utilizzato i social media e le piattaforme digitali per radicalizzare e reclutare individui vulnerabili. Lo Stato Islamico è stato un pioniere nell'uso dei media online e offline per ispirare, reclutare e mobilitare individui e gruppi per compiere atti di terrore.
Il rapporto "Decoding technology-facilitated gender-based violence" di Rutgers, una ONG olandese che milita per i diritti alla salute sessuale e riproduttiva, rivela come la tecnologia e i social media vengano sempre più spesso utilizzati come armi per attaccare le donne online e offline. Questo fenomeno è particolarmente allarmante nel “Sud del mondo”, dove mancano le tutele legali e le molestie online sfociano spesso in violenze reali, come lo stalking, la violenza domestica e le molestie sessuali. Il rapporto sottolinea anche come le attiviste e le figure pubbliche affrontino rischi maggiori, spingendo molte donne a ritirarsi dalla vita pubblica per sfuggire agli abusi.
L’articolo della ABC (televisione pubblica australiana) "Disinformation warfare and the weaponisation of spirituality: How Indigenous knowledge can help fight back" racconta come dei gruppi radicali religiosi e di estrema destra hanno costruito delle teorie complottiste per attaccare gli aborigeni in Australia. In questo contesto, rimane difficile, ma essenziale “distinguere il cospirazionismo (critiche più o meno credibili dell’autorità) dal neo-cospirazionismo (post-verità con strategie e obiettivi militari)”. In particolare, le tecniche utilizzate dai neo-cospirazionisti permettono di evitare di essere bloccati dagli strumenti di moderazione automatizzata utilizzate della piattaforme sociali.
Fonti: Cigionline, Ap News, UNDP, Rutgers, Abc
I dati che mancano
→ a cura di Mafe De Baggis
Per molti, troppi fenomeni della società contemporanea i dati che mancano sono oscurati dai dati che ci sono, nel senso che costruiamo un discorso e un ragionamento basandoci su di loro, un po’ come nella vecchia storiella zen dei ciechi che, invitati a tastare un animale sconosciuto per dire cos’è, pensano sia una corda, un muro, un ventaglio, un tronco d’albero.
In una società dove l’informazione non è più massificata, ma personalizzata - ognuno di noi vede una versione diversa da tutti gli altri di Facebook, Instagram, Google o ChatGPT - prendere consapevolezza di quanto un dato mancante conti e pesi è il tassello che fa la differenza tra farsi manipolare e imparare a farsi delle domande. Qualcosa di non misurato è qualcosa che conta poco, o che qualcuno vuole tenere nascosto o di cui nessuno si sta occupando.
Francesca Fedeli di Fight the stroke li chiama disabled data
”Se volessimo raccontare la disabilità attraverso i suoi dati ci troveremmo immediatamente in una condizione di disabilità, impossibilitati/e nell’attività di ricerca, raccolta, analisi ed elaborazione, a causa di barriere strutturali e contestuali. Quali sono le barriere strutturali e contestuali che limitano l’accesso ai dati sulla disabilità?”
Donata Columbro scrive nella sua newsletter, citando Fedeli:
“Nella mia costante ricerca per capire se viviamo in città accoglienti, accessibili, femministe, ho un buco rispetto al racconto sui dati: mi mancano quelli relativi alle possibilità per le persone disabili di muoversi in modo indipendente.”
Sempre per Columbro “I dati non sono neutri, sono dei costrutti sociali”. Scegliere cosa misurare e cosa no, decidere quando abbiamo abbastanza dati per capire, scegliere una data d’inizio ignorando la serie storica dei dati disponibili sono tutti costrutti sociali orientati a sostenere una tesi oppure - forse anche peggio - usati nella convinzione che vada bene così, che per citare “Invisibili. Come il nostro mondo ignora le donne in ogni campo. Dati alla mano.” i dati relativi ai corpi maschili vadano bene per tutti i sessi, «per amor di semplificazione».
Per questa benedetta semplificazione, per esempio, intessiamo ragionamenti sull’impatto di Airbnb sulle città senza avere dati a sufficienza. Servirebbe un dato simile all’Intensi’Score, di cui parlavamo sopra, anche per evitare quella che Anne Wright, Carnegie Mellon University, chiama “la tirannia della media/norma”, parlando di salute (ma vale per qualsiasi fenomeno complesso).
A volte sarebbe sufficiente collegare dati che abbiamo, per esempio quanti appartamenti vuoti a Milano rispetto ad appartamenti in affitti brevi. Il dato c’è, ed è sorprendente: secondo Aigab, l’Associazione italiana gestori affitti brevi “19.271 appartamenti per affitto breve contro 109.404 case vuote”. Sarà vero? Vale la pena di verificarlo.
Varrebbe la pena di capire meglio anche quanti affitti brevi sono seconde case, soprattutto per le vacanze estive, considerando l’abitudine mediterranea alla villeggiatura a pochi chilometri da casa, per pochi mesi l’anno, ma di nuovo, quante sono? E quante erano prima che esistessero piattaforme per lo scambio case? E in una città universitaria si guadagna di più con gli affitti brevi o con gli affitti a studenti? In media, zona per zona, nel lungo periodo? Quante ore di lavoro ci vogliono al mese per gestire un affitto breve?
Forse è ancora più facile capire l’importanza dei dati che mancano quando dati che prima non c’erano vengono raccolti ed elaborati in modo chiaro e comprensibile, tre esempi per tutti:
L’impatto del gender gap non sul mercato del lavoro attuale, ma sulle pensioni, che sono una specie di fotografia del passato nel futuro
La stranezza degli stipendi che negli ultimi 30 anni sono diminuiti del 2,9%, ma solo in Italia (in Francia, per guardare un paese simile, sono cresciuti del 31,1%)
Perché pensiamo di leggere sempre meno in un periodo in cui il mercato del libro è cresciuto tantissimo e vale quattro volte il mercato del 1988?
E a volte i dati che non vengono raccolti segnalano, lampeggiando, l’idea di audience che hanno le aziende: per esempio l’app “Health” (Salute, in italiano) di Apple non prevede la possibilità di segnalare la perimenopausa e la menopausa, come se fosse una parola proibita o un dato poco significativo per la salute di una persona.
Come dice nel suo ultimo TED l’information designer Giorgia Lupi, "Data isn't just about numbers or trends — it's about capturing the stories that shape our lives".
Scrive Michele Arena (sintetizzando la sua tesi di laurea) “gli studi della OECD dicono cha in classe c’è una singola persona (l’insegnante) che detiene circa l’80% di tempo di parola mentre il restante 20% è diviso tra tutti gli studenti. Che più o meno, appunto, fa meno dell’1% di tempo di parola a testa. Ma questo 20% non è distribuito equamente, i dati dicono che è diviso per genere, provenienza geografica, voti in pagella e soprattutto classe sociale.”
Quante idee vengono perse perché prese solo in riunioni in cui le persone riservate sono in difficoltà a prendere la parola? Qual è l’impatto sulle recensioni di una sola risposta sgarbata o di un contatto visivo evitato? Come cambiano i voti di uno studente se l’esame è scritto, orale o a crocette? Potremmo andare avanti a lungo e forse vale la pena di farlo, perché ogni dato parziale o mancante è nella migliore delle ipotesi un ostacolo alla comprensione, nella peggiore una manipolazione.
Fonti: Disabled Data, Ti Spiego il Dato, Corriere Milano, Ambrosetti, Maps Interlude, il Libraio, TED
Miscellanea
→ a cura di Luisa Facchinetti
Relazioni sociali. Sapevi che le tue interazioni sociali potrebbero essere influenzate più da batteri che hai nello stomaco che da dal tuo cervello.
Ambiente. In un villaggio svizzero, hanno deciso di limitare il numero di abitanti per non consumare troppa acqua.
Le vie del Signore sono infinite. Come persone credenti stanno usando il digitale per avvicinarsi a Dio.
Lusso condiviso e amico dell’ambiente. Perché dovremmo tornare a investire in terme e bagni pubblici.
Quando conversare con un Bot è particolarmente utile. AI generativa contro i cospirazionisti.
Innovazione tecnologica ma anche no. Perché carta e penna potrebbero salvarti durante la prossima crisi dei tuoi sistemi informatici
Non tutta la Co2 vien per nuocere. Latte artificiale, membrane rigenerative, colture idroponiche e molto altro in questi progetti di ricerca pazzeschi.
Consumi e società. Come il lusso ci è entrato nella testa.
Fonti: Technology Networks, Novetich, Rest of World, Low tech Magazine, Science, BBC, Deep Sync, Weekly Echo Chamber
Incontriamoci dal vivo
A fine novembre torna Future 4 Cities. Un festival, un premio e un progetto di ricerca per scoprire, connettere e celebrare le innovazioni che cambiano il volto delle città in Italia. Dal 28 al 30 novembre 2024, a Milano, tre giorni di talk, workshop festival diffuso e aperto a tutti, per nutrire il dibattito su come trasformare le nostre città in senso più equo, vivibile e sostenibile.
Future 4 Cities è innanzitutto un’occasione per scoprire e incontrarsi. Per prepararti all’esperienza del festival, ti consigliamo di ascoltare il podcast “Città”, in particolare gli ultimi episodi dedicati all’esplorazione dei temi di questa edizione.
Buon ascolto!
Segnali dal Futuro è un progetto collettivo che intercetta e racconta storie, sperimentazioni e innovazioni sociali, culturali, tecnologiche, politiche ed economiche.
Nasce da un esperimento dei fondatori di FROM che continua a sostenerla.
Hanno contribuito: Davide Agazzi, Giulio Bordonaro, Ilaria Nicoletta Brambilla, Matteo Brambilla, Mafe de Baggis, Mario Bochicchio, Stefano Daelli, Giorgio De Ambrogio, Cinzia D'Emidio, Luisa Facchinetti, Nicoletta Gomboli, Chiara Leonardi, Valentina Lunardi, Luca Monti, Filippo Pretolani, Matilde Sergio, Silvia Spinelli e Giulio Zucchini.
Identità visiva di This is not a DUO.
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